Perché considerare l’evoluzione in Società Benefit? 

Perché considerare l’evoluzione in Società Benefit? 

Articolo di Ilaria Macconi – Consulente direzionale presso NEXUS AVVOCATI E COMMERCIALISTI 

Ambizioni e benefici attesi da questo (relativamente) nuovo modello di impresa tutto italiano 

Alzi la mano chi, abituato a consultare la stampa economica, non si è di recente imbattuto nell’annuncio dell’evoluzione in senso benefit di qualche società ordinaria. Ben pochi, considerando che, in soli tre anni (Marzo 2020 – Marzo 2023), il numero delle società benefit attive in Italia è passato da 500 a circa 3000. La pandemia vi ha avuto un ruolo? E’ probabile. Si tratta di una moda effimera, spinta da facili entusiasmi? L’ambizione di questo nuovo modello societario è senza dubbio diversa, e merita di essere conosciuta.  

 

  1. Cosa sono (e cosa NON sono) le Società Benefit

Con la Legge del 28 Dicembre 2015, n. 208, articolo unico, commi 376 – 384 (Legge di Stabilità 2016) è stato introdotto in Italia il modello della SOCIETA’ BENEFIT. 

Tali sono quelle società che, nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse. Le società possono nascere come benefit al momento della loro costituzione, oppure, se già costituite in forma ordinaria, possono diventarlo in un secondo momento, attraverso una modifica del contratto sociale. Si è dunque alla presenza di un «modello ibrido di impresa caratterizzato da una dual mission e fortemente innovativo» (Tagliabue, M., Il modello Società Benefit nel contesto della pandemia, in Cooperative e enti no profit, 2021, n. 3).  

Nonostante siano passati sette anni dalla loro introduzione, aleggia, attorno alle società benefit (d’ora in avanti anche solo SB), una certa confusione rispetto alla loro natura e caratteristiche. Ecco perché è importante precisare, non solo cosa sia una società benefit, ma anche (soprattutto!) cosa essa NON sia. Ad esempio, non si tratta di una nuova forma giuridica d’impresa – è piuttosto una qualifica che può essere aggiunta a quelle già previste dal legislatore. Non è nemmeno un sinonimo per B Corp – l’attestazione made in USA tributata alle imprese che si spendono per le persone e per il pianeta, con cui pure le SB condividono le finalità. Ed è falsa pure la credenza secondo cui alle SB è fatto divieto di distribuire gli utili – la legge non dice nulla al riguardo.  

Possono essere benefit le società di cui al Libro V, Titoli V e VI del Codice civile – quindi le società di persone, di capitali, le cooperative e le mutue assicuratrici. Sono viceversa escluse le imprese individuali e le società a responsabilità limitata semplificata – stante l’immodificabilità dell’atto costitutivo. Per la loro natura no profit e per l’oggetto sociale, questo divieto si applica anche alle cooperative sociali e alle imprese sociali.  

  

  1. Principali caratteristiche delle Società Benefit

Essenziale, ai fini della trasformazione in società benefit, è apportare una modifica all’oggetto sociale – nel caso di società già costituite –, ovvero definire fin dal principio quest’ultimo affinché vincoli legalmente l’impresa a perseguire, oltre alla formazione del profitto, anche una o più finalità di beneficio comune. Tali sono gli effetti positivi – riconducibili anche alla mitigazione di esternalità negative – prodotti dall’impresa nei confronti degli stakeholder elencati dalla norma. Giova all’effettiva dell’evoluzione in senso benefit che le finalità individuate dall’impresa presentino un collegamento diretto con la sua attività tipica e con il settore in cui essa opera.  

Oltre alle clausole relative all’oggetto sociale, possono essere modificate quelle inerenti alle cause di esclusione dei soci, al gradimento, al diritto di recesso e ai compiti degli amministratori. A questo proposito, la legge definisce il dovere degli amministratori di bilanciare l’interesse dei soci con il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi degli stakeholder individuati nell’oggetto sociale. Va comunque precisato che gli amministratori potranno essere chiamati a rispondere, non tanto dell’effettivo raggiungimento di tali finalità, quanto delle decisioni assunte e dell’organizzazione dei mezzi posta in essere per farlo.  

Uno dei doveri fondamentali in capo al consiglio di amministrazione è la redazione della relazione d’impatto. Si tratta del documento – da allegare al bilancio d’esercizio e pubblicare sul sito Web aziendale – in cui, su base annuale, la società benefit deve descrivere gli obiettivi specifici, le modalità e le azioni poste in essere dagli amministratori per perseguire le finalità di beneficio comune; fornire la valutazione dell’impatto generato sulla base di uno standard esterno; e indicare gli obiettivi che vuole perseguire nell’esercizio successivo. 

La legge non impone alle SB l’uso di un particolare standard per valutare l’impatto delle proprie attività. Precisa però i requisiti cui la scelta aziendale deve sottostare (Allegato 4, L. n. 208/2015), nonché le aree da sottoporre a valutazione (Governo dell’impresa, Lavoratori, Altri portatori di interesse, Ambiente; rif. Allegato 5).  

Sugli amministratori grava anche il compito di nominare il responsabile d’impatto. Questo ruolo può essere assegnato a un singolo individuo o a un organo collegiale, a figure interne all’organico aziendale oppure esterne. Il responsabile d’impatto coadiuva gli organi preposti nella gestione e nella verifica del fatto che le procedure messe in atto siano idonee a perseguire gli obiettivi benefit.  

Alle SB si applica una duplice forma di controllo esterno. La prima è quella attuata dal pubblico via la relazione annuale, liberamente consultabile. L’altra, di natura istituzionale, è quella affidata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato 

 

  1. Benefici dell’evoluzione in Società Benefit

Cosa spinge sempre più imprenditori verso il modello della società benefit? Diversi benefici, tra cui: 

  1. a) L’aumento delle possibilità di attrarre e/o fidelizzare segmenti di clientela particolarmente attenti all’origine dei prodotti che acquistano e all’impatto sociale dei produttori/fornitori. Nei mercati B2C, questo impegno può di norma fruttare un premium price. Quanto al B2B, sempre più spesso la capacità di essere ESG complaint sta divenendo un criterio dirimente tra fornitori alternativi. Vengono così a configurarsi intere filiere virtuose dal punto di vista della sostenibilità – la produzione olivicola italiana, tra le altre, è ricca di esempi in tale senso;
  2. b) Le maggiori possibilità di attrarre impact investment, investimenti ad alto impatto sociale, in grado di tenere conto del fatto che le SB perseguono traiettorie di sviluppo equilibrate e idonee a ridurre la volatilità degli investimenti stessi nel medio-lungo termine;
  3. c) Il contributo a minimizzare la percezione del rischio e, quindi, il costo del capitale preso a prestito, che la qualifica di SB di norma reca con sé;
  4. d) Una maggior capacità di attrarre nuova forza lavoro, specie dalle generazioni più giovani. Per riuscire poi a trattenere i collaboratori, diventa cruciale informare i processi di selezione e di formazione continua del personale ai valori identitari della SB;
  5. e) Uno stimolo a ragionare dell’oggetto sociale per farlo evolvere, spesso in modo innovativo
  6. f) Il supporto al miglioramento dell’immagine aziendale, ma solo a condizione che alle dichiarazioni di missione da parte della società segua l’indicazione di obiettivi da raggiungere precisi e credibili; 
  7. g) La creazione di valore in prospettiva grazie a più saldi legami con le comunità di riferimento, il che si traduce in una maggior longevità aziendale e minori costi associati al rischio di operare senza rispettare i fondamenti della sostenibilità socio-ambientale. Diverse multiutility impegnate nella gestione di servizi pubblici hanno sottolineato, con l’evoluzione in SB, la propria volontà di mettersi in ascolto dei bisogni dei territori;
  8. h) La creazione o aumento di un certo tipo di cultura aziendale, orientata al monitoraggio delle azioni e alla programmazione del business. Saper misurare l’impatto delle proprie scelte e azioni strategiche rappresenta una competenza-chiave per tutte le organizzazioni, che alle SB è addirittura prescritta per legge. 

E’ un ritratto senza ombre, quello tratteggiato finora per le società benefit? Ovviamente, no. La parziale aderenza al contesto italiano del più comune standard di valutazione, l’americano Benefit Impact Assessment (BIA), il non facile sviluppo di una cultura aziendale orientata effettivamente al monitoraggio degli impatti e la voluta discrezionalità conferita dalla norma sulle SB alle imprese (che può tradursi però anche in un certo effetto di smarrimento) sono alcune delle aree di miglioramento. Non si può tuttavia negare la portata innovativa e benefica della novità che le società benefit rappresentano. Ulteriore tassello dell’evoluzione verso un nuovo modo di considerare l’impresa e chi fa business – come responsabili verso la società tutta, e non solo per la creazione di valore economico –, le società benefit nascono dalla convinzione che perseguire in modo strutturato, stabile e trasparente degli obiettivi di beneficio comune non sia solo giusto e opportuno, ma anche un fattore propulsivo straordinario per la competitività aziendale.   

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